mercoledì 16 settembre 2009

CELLE SOLARI A NANOTUBI DI CARBONIO


Utilizzando nanotubi di carbonio invece del tradizionale silicio, i ricercatori della Cornell University hanno realizzato gli elementi di base di una cella fotovoltaica che si spera possa portare a un metodo più efficiente per convertire la luce il corrente elettrica.
Secondo quanto riferito sulla rivista “Science”, i ricercatori hanno prodotto, testato e misurato una semplice cella solare denominato fotodiodo, costituito da un singolo nanotubo di carbonio.
Nell'articolo, Paul McEuen e Jiwoong Park, docenti di chimica e biologia, descrivono in che modo il loro dispositivo converte la luce in elettricità grazie a un processo estremamente efficiente che amplifica la quantità di corrente elettrica che fluisce. Il processo potrebbe dimostrarsi importante per la prossima generazione di celle solari ad alta efficienza.
"Non stiamo solo cercando un nuovo materiale, ma abbiamo realizzato un dispositivo effettivamente funzionante”, ha commentato Nathan Gabor, della McEuen.
I ricercatori hanno utilizzato un nanotubo di carbonio a parete singola di grafene per realizzare la cella solare. Delle dimensioni di una molecola di DNA, il nanotubo è teso tra due contatti elettrici e nelle vicinanze di due porte elettriche, una carica positivamente e l'altra negativamente.
Il lavoro è stato ispirato in parte da precedenti risultati ottenuti con un diodo, un semplice transistor che permette alla corrente di fluire in una sola direzione, utilizzando un nanotubo a parete singola. Il gruppo della Cornell voleva verificare la possibilità di costruire qualcosa di simile, ma facendo incidere sul nanotubo una radiazione luminosa.
Puntando laser di differenti colori su diverse aree del nanotubo, i ricercatori hanno così trovato che i più alti livelli di energia fotonica avevano un effetto di moltiplicazione sull'intensità della corrente elettrica prodotta.
Ulteriori studi hanno mostrato che la sottile stuttura cilindrica del nanotubo di carbonio di fatto costringe gli elettroni a fluire uno a uno. Inoltre, nel movimento nel nanotubo essi eccitano altri elettroni inducendoli a unirsi al flusso.
Il nanotubo, si è così scoperto, potrebbe essere una cella fotovoltaica quasi ideale, poiché permette di produrre più elettroni utilizzando l'energia in eccesso della luce.
Ciò rimarca la distanza con le tecnologie attuali - in cui l'energia extra viene persa in forma di calore, e le celle richiedono un costante raffreddamento esterno - e porta a immaginare applicazioni di notevole efficienza, anche se il passaggio verso le scale macroscopiche rappresenta un problema tecnologico di notevole difficoltà.

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