sabato 22 agosto 2009

OCEANI MAI COSI' CALDI NEGLI ULTIMI 120 ANNI


Anche gli oceani hanno caldo. A luglio la temperatura alla superficie ha battuto il record da quando nel 1890 sono iniziate le misurazioni sistematiche. La statistica arriva dal National Climatic Data Center statunitense, secondo cui anche agosto sarebbe pronto a piazzarsi in testa alla classifica dei mesi con le acque salate più calde.
La media di tutti gli oceani, nel mese passato, ha fatto toccare al termometro i 17 gradi. Il precedente record risaliva al luglio del 1998 (16,8 gradi). E sono circa 10 anni che si viaggia costantemente al ritmo di mezzo grado oltre il valore medio del secolo scorso (16,4 gradi). Il G8 dell'Aquila fissò in due gradi la soglia di riscaldamento oltre la quale le conseguenze per l'ambiente diventerebbero catastrofiche. Ma si riferiva alle temperature globali dell'atmosfera. Rispetto all'aria, i mari rappresentano una riserva di energia termica molto più duratura e difficile da smaltire.
"Un caldo simile negli oceani non si disperderà da un anno all'altro" conferma a margine della pubblicazione dei dati Andrew Weaver dell'università di Victoria nella British Columbia. Per riscaldare l'acqua, rispetto alla terra, occorre infatti il quintuplo dell'energia. "E l'aumento della temperatura in mare influenza anche la terra. Siamo di fronte a un'altra importante conferma del cambiamento in atto". Nel Pacifico intanto sta per ripartire una nuova stagione di El Nino, la corrente oceanica calda che ogni 3-7 anni si riaffaccia ad aggravare una situazione già compromessa.
Il caldo di questi giorni sulla terraferma è l'altra faccia del caldo dei mari. E in effetti il National Climatic Data Center, sempre a luglio, ha misurato una temperatura media sui continenti di 14,81 gradi, ancora una volta più alta di mezzo grado rispetto alla norma del secolo scorso. Si tratta del nono valore di sempre. E andando a confrontare le varie tabelle, si scopre anche che l'ultimo dato che non oltrepassa la linea media del '900 (combinando il caldo a terra e nei mari) risale al 1976. Da allora tutti gli indicatori di temperatura marciano regolarmente in salita.
Tra le zone più calde del pianeta, secondo i dati statunitensi, a luglio figuravano l'Europa, il Nord Africa e la costa occidentale del Nord America. "In queste aree - si legge nel rapporto del National Climatic Data Center - la media del secolo scorso è stata superata di 2-4 gradi". Nel Mediterraneo l'anomalia della temperatura è di 1,7 gradi. E scricchiola anche il ghiaccio del Polo Nord: "L'estensione del pack artico dal 1979 a oggi si è ridotta del 6,1 per cento per ogni decade". Il mare attorno all'Artico a luglio 2009 ha vissuto uno dei riscaldamenti più incisivi: 5,6 gradi in più rispetto alla media del XX secolo.
Se la banchisa bianca vive tempi difficili, ai tropici i coralli rischiano di perdere il loro rosso. Il riscaldamento e l'aumento di acidità nei mari sono infatti all'origine del colore pallido e slavato delle barriere, che normalmente si presenta alla fine dell'estate e invece è già osservabile in alcune zone dell'America Centrale. Uno studio della Nasa del 2006 dimostrò anche che più gli oceani si riscaldano, più diminuisce la presenza di fitoplancton. Questi minuscoli organismi viventi non solo danno da mangiare ai pesci e al resto della catena alimentare, ma con la fotosintesi clorofilliana assorbono anidride carbonica dall'atmosfera. In anni normali, il loro contributo alla "ripulitura" dell'aria inquinata è addirittura equivalente a quello delle foreste sulla terraferma.

giovedì 20 agosto 2009

SIAMO "POLVERE DI STELLE"


Siamo «polvere di stelle», composti da sostanze sbarcate sulla Terra milioni di anni fa tramite mezzi di trasporto d’eccezione: le comete. Solo un’ipotesi, fino a ieri, ma da oggi la suggestiva spiegazione dell’origine della vita sul nostro pianeta trova conferma: la Nasa ha infatti scoperto un amminoacido, considerato un vero e proprio «mattone della vita», su una cometa.
L’analisi dei campioni della missione Stardust, riporta la rivista New Scientists, non lascia dubbi: alcuni degli elementi costitutivi della vita sono stati «consegnati» alla Terra dallo spazio. Gli aminoacidi sono essenziali per la vita, perchè costituiscono la base delle proteine, le molecole che fanno funzionanare le cellule. Nascono quando composti organici contenenti carbonio e l’acqua vengono compressi tramite una fonte di energia, come i fotoni: un processo che può avvenire sulla Terra ma anche nello spazio. In passato altri aminoacidi erano stati trovati sulla superficie di alcuni meteoriti, ma si trattava di rocce cadute già milioni di anni fa sulla terra, e rimaneva il dubbio che le sostanze trovate si fossero formate non nello spazio, ma durante la lunga permanenza sulla superficie terrestre.
Oggi la Nasa annuncia invece di aver scoperto un aminoacido, chiamato glicina, in una cometa in piena attività, gelida e a tutta velocità, «marcata stretta» dalla nave Stardust direttamente nello spazio nel 2004. «È stato molto importante trovare questo aminoacido - spiega Jamie Elsila del Goddard Space Flight Center della Nasa - perchè non era mai stato osservato prima direttamente su una cometa. Siamo interessati a capire quello cosa c’era sulla Terra all’inizio, quando ha cominciato la vita». Se la vita sulla Terra è stato un processo lungo, complicatissimo e (almeno a quanto è dato sapere finora) unico, le materie prime sono state dunque in parte «importate» direttamente dal cosmo.
L’aminoacido è stato trovato in alcuni campioni portati sulla Terra dalla missione Stardust, che ha volato vicino la cometa Wild 2 (5 chilometri di diametro) nel 2004 per catturarne il materiale perso nella sua corsa. I campioni sono stati estratti da quattro fogli di alluminio, ciascuno largo un centimetro, che grazie alla consistenza simile a una spugna sono riusciti a catturare la «polvere di stelle» rilasciata dalla cometa. Con solo circa 100 miliardesimi di grammi di glicina da studiare, i ricercatori sono stati in grado di misurare la relativa abbondanza dei suoi isotopi di carbonio. L’aminoacido trovato sulla cometa conteneva più carbonio-13 rispetto a quello trovato nella glicina che si forma sulla Terra, dimostrando definitivamente che il «mattone della vita» trovato non derivava da una contaminazione terrestre, ma era una polvere spaziale «Doc».
Ora l’obiettivo è quello di scoprire i segreti del nucleo delle comete, dove potrebbero trovarsi aminoacidi più complessi e in quantità superiori. Per questo gli scienziati fanno affidamento sulla missione europea Rosetta, la prima astronave che atterrerà su una cometa per studiarne il nucleo. Appuntamento nel 2014, quando la nave raggiungerà finalmente dopo 10 anni di viaggio la cometa.

POCHI I MONSONI IN INDIA, RECORD DI URAGANI SULL'ATLANTICO


Segnali sempre più evidenti di una trasformazione degli equilibri climatici si avvertono in diversi angolo della Terra. Se infatti, da una parte, in India il governo dichiara l'emergenza la siccità, visto che i monsoni si mostrano sempre più deboli e rari sottraendo così un aiuto decisivo che comunque garantiscono all'agricoltura, dall'altra la rivista scientifica Nature segnala che, negli ultimi mille anni, uragani e tempeste tropicali non sono mai state così frequenti nell'oceano Atlantico.
Il governo di New Delhi ha così dichiarato ufficialmente lo stato di siccità in 161 dei 600 distretti della nazione, mentre uno studio internazionale lancia l'allarme sull'esaurimento delle falde freatiche a causa di un eccessivo sfruttamento. A riferirlo è l'agenzia Misna, l'agenzia di stampa internazionale on-line che si avvale della collaborazione di missionari non solo cattolici sparsi in tutto il mondo.
Secondo i metereologi indiani, il nordovest del paese ha avuto un calo delle piogge monsoniche estive (che dovrebbero durare fino a metà settembre) del 42%: del36% nel nordest e del 22% nella parte meridionale del subcontinente, mentre nel centro dell'india sono state registrate il 19% di precipitazioni in meno.
Fonte di grandi disagi, alluvioni e spesso vittime, i monsoni restano di fondamentale importanza per il paese e la sua agricoltura, da cui dipende il 70% degli abitanti, mentre il 60% delle fattorie fa affidamento soprattutto sui monsoni per l'irrigazione.
Pochi giorni fa il ministro delle finanze, Pranab Mukherjee, aveva criticato gli accenti allarmistici dei media, riguardo la siccità, ricordando quella più grave del 1987, che comunque il paese riuscì ad affrontare con ogni mezzo, incluso il massiccio trasporto di acqua via treno da una parte all'altra dell'india.
Le risorse idriche e il loro sfruttamento è l'argomento di uno studio realizzato dagli idrologi dell'ente spaziale americano (nasa), in collaborazione con l`agenzia aerospaziale tedesca, attraverso l'analisi delle immagini satellitari negli stati nordoccidentali del Punjab, Delhi, Rajastan e Haryana, che sono attualmente i più colpiti dall'attuale insufficiente precipitazione.
In quella regione, abitata da 114 milioni di persone, gli esperti hanno calcolato una perdita netta, tra il 2002 e il 2008, di 109 chilometri cubi di acque sotterranee, un decimo delle riserve annuali dell'intero paese. La causa, ipotizzano gli studiosi, non è nell'attuale siccità ma presumibilmente nell'abitudine dei contadini di cercare acqua per l'irrigazione sfruttando in modo eccessivo e non regolamentato le risorse sotterranee.
Quasi all'unisono, dall'altra parte del mondo, la rivista scientifica Nature ha pubblicato uno studio frutto dell'esame dei sedimenti lasciati dagli uragani, fin dal 500 dopo Cristo, durante il loro passaggio sugli stati del Nord America e sui Caraibi.
Utilizzando modelli matematici applicati a metodi di ricerca diversi, per simulare gli eventi del passato, gli scienziati hanno scoperto che la frequenza degli uragani è sensibilmente aumentata negli ultimi 15 anni, superando nettamente la media dell'ultimo millennio.
Un aumento simile si era manifestato solo tra il 500 e l'anno 1000 a causa - a quanto sembra - delle variazioni delle correnti oceaniche conosciute con i nomi di "El Nino" e "La Nina".
Secondo il climatologo dell'università della Pennsylvania e responsabile della ricerca, Michael Mann, l'aumento degli uragani registrato nell'ultimo decennio è dovuto ai cambiamenti climatici e all'incremento della temperatura nelle acqua superficiali degli oceani. "E' una tendenza che si prevede possa peggiorare, con conseguenze gravi per le popolazioni che vivono lungo le coste", ha detto Mann.

venerdì 14 agosto 2009

STAMINALI ADULTE RIPARANO IL CUORE


Le cellule staminali come strumento per riparare i danni al cuore. Lo rivela uno ricerca del Cnr. Lo studio pubblicato su Cardiovascular Research dimostra che la medicina regenerativa puo' curare l'infarto del miocardo che colpisce la parete muscolare del cuore determinandone la morte cellulare. La tecnica consente di isolare e coltivare in vitro le staminali cardiache endogene o adulte risolvendo il problema del numero di cellule per il trapianto.

ENERGIA DALLE VITI E DAGLI ULIVI


Scarti di potatura di vite e ulivo per ricavarne calore ed energia elettrica. E' un progetto finanziato dalla Regione Toscana. Si tratta di uno studio del Consorzio Agrario di Siena insieme all'Universita' di Firenze per valutare la convenienza economica nell'utilizzo dei residui colturali come i sarmenti delle viti o residui di potatura dell'ulivo per generare calore ed energia elettrica. Il processo prevede anche la realizzazione di un motore per la produzione termoelettrica.

CALDO NEMICO DELLE API


Due cucchiai di zucchero e uno di acqua: questa la ricetta per ridare energia alle api che con il caldo stramazzano a terra.A suggerirlo e' la Royal Society for the protection of birds dopo essere stata inondata di chiamate per segnalare la presenza delle api a terra. I motivi di tale comportamento non sono ancora chiari, ma probabilmente il caldo gioca un ruolo importante. Le api, infatti, volano meno quando e' umido e molto caldo e sono quindi costrette a lavorare il doppio.

GHIACCIO ANTARTICO A - 16 METRI ALL'ANNO


Uno dei piu' grandi ghiacciai dell'Antartide si sta sciogliendo a una velocita' quattro volte maggiore di 10 anni fa, rivela uno studio Gb. Il ghiacciaio di Pine Island, nell'Antartide occidentale, si assottiglia di 16 metri l'anno. Dal 1994 il ghiaccio si e' abbassato di circa 90 metri e se i calcoli basati sulla velocita' di scioglimento negli ultimi 15 anni avevano suggerito che sarebbe durato 600 anni, secondo i nuovi dati, il ghiacciaio tra 100 anni non ci sara' piu'.

PIERO ANGELA NON DICE LA VERITA'





IL CICAP DIETRO I DISINFORMATORI ITALIANI