martedì 29 dicembre 2009

sabato 19 dicembre 2009

RITORNO SULLA LUNA


Entro la fine del prossimo decennio l'uomo tornerà sulla Luna. Poi, poco più in là, scenderà su un satellite di Marte e infine calcherà le polveri del Pianeta Rosso. Sono i piani inclusi in un rapporto esclusivo apparso sulle pagine dell'autorevole rivista scientifica ScienceInsider, che rivela i contenuti di un summit avvenuto giovedì tra il presidente americano Barack Obama e l'amministratore delegato della Nasa Charles Bolden. Secondo queste indiscrezioni, Obama chiederà al Congresso un miliardo di dollari in più da consegnare alla Nasa per sviluppare i progetti che nei prossimi anni riporteranno l'uomo oltre l'atmosfera terrestre. Con questa cifra, che va ad aggiungersi ai 16 miliardi di dollari per il 2011, l'ente spaziale americano dovrebbe costruire un nuovo razzo, che andrà a sostituire Ares I e Ares V.

Questi ultimi erano stati ideati attorno al 2004, quando Bush rilanciò la conquista spaziale umana. Ares I avrebbe dovuto portare la capsula Orion, con 4 astronauti a bordo, attorno alla Terra e da lì questi avrebbero potuto attraccare alla Stazione spaziale o attendere l'arrivo di Ares V. Questo lanciatore sarebbe stato molto più potente del primo e avrebbe permesso di portare in orbita terrestre il modulo lunare e una volta agganciatosi ad Orion di spingere modulo e uomini verso la Luna. Il nuovo razzo invece, stando a quanto appare su ScienceInsider, dovrebbe essere in grado da solo di lanciare verso altri corpi del sistema solare sia gli uomini che il modulo per l'atterraggio. Tutto dovrebbe essere pronto entro il 2018. Quindi diventa ragionevole ipotizzare che l'uomo potrà ritornare sul suolo lunare con una base permanente a partire dal 2020.

Ma sarà sufficiente il miliardo di dollari in più per raggiungere questi obiettivi? Stando a quanto si sa della commissione Augustine la risposta sarebbe negativa. Questa commissione è stata voluta da Obama perché studiasse cosa sarebbe meglio realizzare per l'esplorazione umana dello spazio, tenendo conto del budget della Nasa. Augustine concluse che, per andare sulla Luna entro il 2020, sarebbero stati necessari 3 miliardi di dollari in più. Come pensa allora Obama di raggiungere gli stessi obiettivi sollecitando un aumento di un solo miliardo di dollari? Chiedendo ad altre agenzie spaziali (quella europea, giapponese e canadese) di occuparsi della costruzione del modulo di atterraggio lunare, che in futuro, potrà essere usato anche per l'esplorazione di Marte.

Ma questi Paesi sapranno raccogliere la sfida? Questa e altre domande rimangono aperte. Che ne sarà di Ares I, del quale un primo prototipo è stato lanciato a fine ottobre. Verrà abbandonato e secondo Buzz Aldrin, il secondo uomo ad essere sceso sulla Luna, senza alcun rimpianto. «Il lancio del prototipo - ha detto l'ex astronauta - è avvenuto solo per questioni politiche, ma non ha dato alcun contributo allo sviluppo di un nuovo lanciatore. E Ares V, al momento, non è che un insieme di carte, ben lontano dall'essere un vero progetto. Per l'esplorazione dello spazio profondo abbiamo bisogno di un vero razzo di nuova concezione, più potente dei precedenti».

E come si raggiungerà la Stazione spaziale se lo Shuttle andrà in pensione l'anno prossimo? «Si deve dare spazio alle industrie private - sostiene Aldrin - che sono molto vicine alla possibilità di costruire macchine in grado di arrivare fin lassù». Intanto la società SpaceX ha fatto sapere in questi giorni che è pronta a lanciare verso la stazione orbitante una propria capsula (che potrebbe anche servire per il trasporto di uomini) entro il 2010. Ora si attende la parola ufficiale di Obama, che potrebbe arrivare tra la fine dell'anno e l'inizio del 2010.

IL CONCENTRATORE SOLARE CON SPECCHI ADATTIVI ROTANTI


Visto da vicino il prototipo del Cnr ti spedisce lontano nel tempo. Un ritorno al passato con le tecnologie del futuro. E non è strampalato pensare al grande Archimede, ai suoi specchi ustori, alle meraviglie di una pre-tecnologia così sofisticata da sembrare mitica. E invece l’oggetto misterioso che sarà inaugurato giovedì all’Osservatorio di Arcetri, sulle colline di Firenze, è un esempio di altissima tecnologia, unica al mondo. Si chiama «Concentratore solare con specchi adattivi rotanti» ed è capace di sviluppare energia elettrica pulita e a basso costo, circa tre volte in meno rispetto a quanto si spende per l’energia prodotta da un impianto fotovoltaico e a ridurre l’impatto paesaggistico.

«Con questa tecnica si possono realizzare impianti capaci di arrivare a 1500 gradi di calore – spiega Francesco D’Amato, primo ricercatore all’Istituto nazionale di ottica applicata del Cnr di Firenze – e produrre 200 chilowatt elettrici capaci di alimentare energia in una sessantina di appartamenti». Un impianto del genere deve avere una grandezza di 2500 metri quadrati, ed ha una forma di un cerchio di 50 metri di diametro. Il prototipo (funzionante) che sarà mostrato giovedì ad Arcetri è invece un semicerchio ed formato da otto metri quadrati di specchi. Perché proprio come l’invenzione di Archimede, anche il Concentratore funziona con gli specchi. Qual è il suo cuore meccanico? «Un binario semicircolare di 25 metri di diametro dove si muove un carrello – continua D’Amato - e su questo carrello è stato montato un telaio di 8 metri quadri di specchi. Il carrello segue il movimento del sole e rimanda luce su un altro specchio speciale collocato al centro binario. Da qui, grazie a un motore Stirling, cioè un sistema che trasforma energia termica in elettrica, si crea l’energia». Un concentratore solare è in via di sperimentazione da parte dell’Enel in Sicilia, ma quello fiorentino è realizzato con una tecnologia all’avanguardia capace di produrre maggiore energia, ameno sulla carta.

I difetti? Se c’è poco sole funziona male, dunque è per ora un ottimo impianto da utilizzare soprattutto al Sud. Il progetto è stato elaborato dagli Istituti nazionali di ottica applica e di biometereologia del Cnr, e dalla Ronda Hight-Tech, un’azienda di Vicenza. I progetto è stato firmato anche dalla Regione Toscana. «Abbiamo sostenuto la realizzazione del concentratore con grande convinzione – dice Fabio Roggiolani, presidente della Commissione sanità della Regione Toscana – anche perché siamo la prima Regione in Italia che sta riconvertendo a energia pulita tutti gli ospedali e il parco auto del servizio sanitario che tra poco sarà elettrico. Il progetto di Arcetri può ridurre di tre quarti la superficie occupata dal fotovoltaico. E questo per una regione dove il paesaggio è così importante, come la Toscana, può essere decisivo per la svolta ecologica. Dopo il solare termodinamico e fotovoltaico, ecco dunque il solare ottico. Insomma, abbiamo messo gli occhiali ai pannelli solari».

SCOPERTO UN PIANETA SIMILE ALLA TERRA


Gli scienziati americani hanno annunciato la scoperta di un pianeta dalle caratteristiche del tutto simili a quelle della Terra. Atmosfera, acqua (possibilmente oceani) e una stella nana vicina che riproduce il riscaldamento del Sole è stata scoperta in questi giorni dagli astronomi del Massachusetts e resa nota dalla rivista Nature.

Nonostante il nome tecnico, GJ1214b, sia poco accattivante, il nuovo pianeta ha riacceso le speranze tra gli scienziati che esistano altre forme di vita simili alla nostra o almeno astri ipoteticamente vivibili dall’uomo.

GJ1214b, che gli scienziati hanno già soprannominato la “Super Terra”, gira attorno alla sua stella una volta ogni 1.6 giorni terrestri. Il nuovo pianeta pesa oltre sei volte in più del nostro e lo supera in dimensioni di quasi tre volte.

Se sapere che esiste qualcosa nello spazio di simile alla Terra sembra molto interessante, lo sono ancora di più le dichiarazioni rilasciate dagli astronomi relativamente ai segni di vita che il nuovo pianeta potrebbe rivelare. Secondo gli studiosi ci sarebbe infatti una gran quantità di acqua compressa ad alta pressione quindi probabilmente un oceano profondo.

«È una scoperta che rafforza l’ipotesi che i pianeti come la Terra abbiano quasi certamente acqua e siano quindi abitabili da esseri viventi uguali o simili a quelli che conosciamo anche noi», ha dichiarato Alan Boss del Carnegie Institution di Washington. Difficile però che gli esseri umani possano abitarvi perché la temperatura “locale” sale fino a oltre 120 gradi Celsius, per via della velocissima orbita del pianeta, che si trova inoltre a ben 42 anni luce dalla Terra.

venerdì 18 dicembre 2009

BATTERI CHE RESPIRANO ROCCIA E PRODUCONO ELETTRICITA'


Esistono batteri che sopravvivono "respirando rocce", con un processo che produce elettricità: lo ha scoperto un gruppi di ricercatori dell'Università dell'East Anglia e dell'Università della Pennsylvania, che illustrano il loro studio in un articolo pubblicato sui "Proceedings of the National Academy of Sciences".

La scoperta potrebbe essere sfruttata per lo sviluppo di nuove tecnologie basate su microrganismi, per la produzione di "bio-batterie" alimentate da rifiuti e scarti di origine umana o animale e per la produzione di agenti do risanamento di aree inquinate da uranio o petrolio.

Moltissimi microrganismi sono in grado di sopravvivere in assenza di ossigeno. Alcuni di questi microrganismi sono batteri che vivono in profondità nel sottosuolo che sopravvivono "respirando rocce", e in particolare minerali di ferro.

Studiando un gruppo di batteri del sottosuolo, e in particolare alcuni ceppi di Shewanella, spiega David Richardson, che ha diretto il progetto di ricerca, "abbiamo scoperto che questi batteri possono costruire sottili cavi biologici che si estendono all'interno delle pareti cellulari e che permetto all'organismo un contatto diretto con un minerale, e la conduzione di elettroni. Ciò significa che questi batteri possono rilasciare una carica elettrica dall'interno della cellula verso il minerale, proprio come la messa a terra di una normale spina elettrica".

"Si tratta di un esaltante progresso nella comprensione dei processi batterici che avvengono nel sottosuolo", ha proseguito Richardson. "E che potrà avere un importante impatto biotecnologico. C'è infatti la possibilità di utilizzare questi batteri che 'respirano roccia' per risanare ambienti che siano contaminati da inquinanti organici tossici, come il petrolio o metalli radioattivi come l'uranio. E si può anche esplorare la possibilità di usare questi batteri in celle a combustibile microbico alimentate con gli scarichi fognari o con letame."

lunedì 14 dicembre 2009

L'ALLUVIONE CHE ORIGINO' IL MEDITERRANEO


Un'alluvione catastrofica, di proporzioni mai viste, la più grande che abbia conosciuto il nostro Pianeta. È quella che circa 5,33 milioni di anni fa ha portato al riempimento del bacino del Mediterraneo, dopo che lo spostamento delle zolle dei continenti lo aveva isolato completamente dall’Atlantico (alla fine del Miocene), portandolo a essiccarsi gradualmente durante quella che è nota come la "crisi di salinità".

Sono i ricercatori spagnoli del Consiglio Superiore di Investigazione Scientifica (CSIC) gli autori di uno studio che oggi rivela i dettagli della colossale inondazione che ha riportato in vita il Mare Nostrum. L’indagine, pubblicata sulla rivista scientifica Nature, ha permesso agli esperti di stabilire che tale processo di riempimento non è stato per nulla lento: tutto sarebbe avvenuto nell'arco di 2 anni al massimo e non nel corso di 10mila anni, come altre teorie vorrebbero.

Secondo gli scienziati, infatti, quando (nell’era geologica dello Zancleano) le acque dell’Atlantico sono riuscite a fluire nuovamente attraverso lo stretto di Gibilterra in quella che ormai era sostanzialmente una valle disseccata, si è verificata una vera e propria inondazione catastrofica. Il livello del mare si è alzato rapidamente, con picchi massimi di 10 metri al giorno, e in breve tempo il bacino ha accolto il 90 per cento delle sue acque. Così, tramite l'alluvione Zancleana, il Mediterraneo è tornato a essere un mare.

ALLARME EL NIÑO PER IL 2010


Il 2010 sarà l'anno più caldo di sempre. La previsione è dei meteorologi inglesi del Met Office, che hanno presentato uno studio al vertice sul cambiamento climatico di Copenaghen. Secondo gli esperti ci sono il 90% delle possibilità che il 2010 abbia una temperatura media di 14,58 °C, cioè un incremento di 0,06 gradi sulla temperatura media del 1998, l''anno anno più caldo finora registrato.

La causa di questa previsione poco invitante è dovuta alla combinazione del surriscaldamento globale e alla ricomparsa dal 2008 del fenomeno conosciuto dai climatologi come Enso (El Niño-Southern Oscillation), che si sviluppa sulle coste pacifiche equatoriali del Sudamerica e provoca un innalzamento della temperatura delle acque dell'oceano Pacifico. Secondo Vicky Pope, direttrice del Centro per il cambiamento climatico del Met Office, il rapido esaurirsi di El Niño o una grande eruzione vulcanica sono le uniche possibilità per evitare che il 2010 si trasformi nell'anno più caldo della storia. Per gli scienziati del Met Office, la temperatura del pianeta non dovrà aumentare di oltre 2 gradi e dovrà iniziare a diminuire a partire dal 2020, altrimenti assisteremo a una serie di eventi climatici potenzialmente catastrofici.
L'Italia è tra i Paesi più esposti alle ondate di calore estivo che possono mietere migliaia di vittime in una sola stagione, come è avvenuto nell'estate 2003.

PULSAZIONI DI STELLE


Uno studio approfondito condotto con il Very Large Telescope dell'ESO infittisce un mistero di vecchia data sullo studio di stelle simili al Sole. Rimangono ancora non chiarite le strane variazioni annuali della luminosità di circa un terzo delle stelle simili al Sole durante le fasi finali della loro vita. Negli ultimi decenni, gli astronomi hanno proposto molte spiegazioni possibili, ma le nuove accurate osservazioni li contraddicono e contribuiscono solo ad accrescere il mistero. La ricerca di una spiegazione adatta è ancora in corso.

"Gli astronomi sono all'oscuro e questa volta non fa loro piacere" dice Christine Nicholls, dell'Osservatorio di Mount Stromlo in Australia, primo autore di un articolo che illustra lo studio. "Abbiamo ottenuto la serie di osservazioni più completa fino ad oggi di questa classe di stelle simili al Sole e i dati mostrano chiaramente che tutte le spiegazioni possibili per il loro insolito comportamento semplicemente falliscono".

Il mistero indagato dal gruppo risale agli anni trenta e riguarda circa un terzo delle stelle simili al Sole sia nella Via Lattea sia in altre galassie. Vero la fine della loro vita, poco prima di diventare stelle nane bianche, tutte le stelle con massa simile a quella del nostro Sole diventano rosse, fredde e molto grandi. Conosciute anche con il nome di giganti rosse, queste stelle vecchie mostrano delle periodiche variazioni di luminosità molto intense su tempi scala fino a due anni.

"Si pensa che queste variazioni siano causate da quelle che noi chiamiamo pulsazioni stellari" dice Nicholls. "Grosso modo, la stella gigante si espande e si contrae, diventando alternativamente più brillante o più debole. Tuttavia un terzo di queste stelle mostra un'ulteriore inspiegabile variazione periodica, su tempi di scala quinquennale.

Per scoprire quale sia l'origine di questa caratteristica secondaria, gli astronomi hanno controllato, per un periodo di 2 anni e mezzo, 58 stelle situate in una galassia vicina alla nostra, la Grande Nube di Magellano. Come è illustrato anche in un altro lavoro, a cui ha partecipato anche l'italiana Maria-Rosa L. Cioni, attualmente presso l'Università dello Hertfordshire, i ricercatori hanno ottenuto degli spettri con FLAMES/GIRAFFE, uno spettrografo ad alta risoluzione del Very Large Telescope dell'ESO, e li hanno combinati con delle immagini ottenute con altri telescopi, realizzando una straordinaria collezione di dati sulle proprietà di queste stelle variabili.

Insiemi di dati come quelli raccolti da Nicholls e collaboratori, spesso indirizzano verso la risoluzione dell'enigma cosmico restringendo le possibili spiegazioni offerte dai teorici. Tuttavia in questo caso le osservazioni non sono compatibili con nessuno dei modelli pensati e riaprono una questione che è stata molto dibattuta.

"I nuovi dati raccolti mostrano che le pulsazioni stellari sono una spiegazione estremamente poco probabile delle extra variazioni di luminosità" dice il capo del gruppo, Peter Wood, "Un altro possibile meccanismo che produca variazioni di luminosità in una stella è quello in cui la stella stessa si muove in un sistema binario. Comunque, le nostre osservazioni sono incompatibili anche con questa ipotesi."

Grazie ad ulteriori analisi il gruppo ha scoperto che qualsiasi sia la causa di queste inspiegabili variazioni, questa fa sì che la stella gigante espella massa a blocchi o come un disco in espansione. "Ci vorrebbe un detective alla Sherlock Homes per risolvere questo frustrante mistero", ha concluso Nicholls.

SEMPRE PIU' RAPIDO L'INNALZAMENTO DEI MARI


Il livello dei mari potrebbe salire molto più rapidamente del previsto, con un aumento entro il 2100 compreso fra i 75 e i 190 centimetri. Lo afferma uno studio pubblicato sui "Proceedings of the National Academy of Sciences" (PNAS) a firma Martin Vermeer del Politecnico di Helsinki e Stefan Rahmstorf del Potsdam Institute for Climate Impact Research, in Germania, basato sull'analisi delle temperature globali e del livello del mare negli ultimi 130 anni.

"Dal 1990 il livello del mare è salito di 3,4 millimetri all'anno, il doppio della media del XX secolo", dice Rahmstorf. Anche se questo tasso di crescita restasse stabile, alla fine del XXI secolo si otterrebbero 34 centimetri. "Ma i dati ci mostrano chiaramente che quanto più diventa caldo, tanto più rapidamente sale il mare. Se vogliamo prevenire una crescita galoppante del livello del mare, dobbiamo fermare quanto prima il riscaldamento globale."

La relazione fra velocità di salita del mare e temperatura globale era già stata indicata da Rahmstorf in un articolo su "Science" in 2007, ma ora Rahmstorf e Vermeer hanno raffinato le equazioni di quello studio per ottenere una maggiore aderenza del modello alla realtà e aggiunto una serie di dati sperimentali fra cui misurazioni da satellite.

I risultati mostrano che anche nel caso di uno scenario con emissioni di gas serra relativamente ridotte, tali da portare a un aumento di 2 °C alla fine del secolo, l'aumento del livello del mare supererebbe il metro. Lo scenario peggiore considerato (con un incremento di 4 °C) porterebbe a oltre 1,4 metri di aumento. Considerando i margini di incertezza legati al modello, la stima finale porta poi a un aumento del livello del mare compreso fra 75 centimetri e 1,9 metri.

Questo aumento è circa triplo rispetto a quello che era stato stimato nel quarto rapporto dell'Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) nel 2007, che non contemplava appieno gli effetti della perdita di ghiacci da parte della Groenlandia e dell'Antartide. Appare invece conforme ai risultati ottenuti con metodologie differenti da altri recenti studi. Un aumento del livello del mare di questa entità, sottolineano i ricercatori, rappresenterebbe una grave sfida per l'esistenza stessa non solo di piccole isole, ma anche di molte grandi città costiere.

lunedì 7 dicembre 2009

BETULLE, ALBERI-SPUGNE DI CO2


Ci sono alberi che divorano l'anidride carbonica come i bambini mangiano i dolci. Se esagerano diventano obesi. Sta accadendo alle nostre betulle, dalla West Coast al Minnesota". La bulimia delle betulle americane, i cui ritmi di crescita sono accelerati del 50% negli ultimi 50 anni, sta facendo impazzire gli scienziati botanici come Christopher Cole. Ma è anche una buona notizia per l'ambiente.

Le foreste, che coprono il 30% della superficie del pianeta, hanno un ruolo cruciale nella lotta al cambiamento climatico. Sono le "spugne" più efficaci per assorbire le emissioni di CO2 create in eccesso dall'uomo. Ma non tutto il verde è uguale. Di qui l'attenzione crescente rivolta ai tipi di alberi, e l'interesse alla riforestazione che coinvolge attori diversi, con alleanze un tempo impensabili tra il grande capitale e gli ambientalisti.

Lo studio sulle betulle è stato pubblicato dai ricercatori della University of Wisconsin-Madison sull'autorevole rivista scientifica Global Change Biology. E' la conferma che il cambiamento climatico provoca sorprendenti risposte di adattamento nell'eco-sistema.
Gli alberi assorbono anidride carbonica nella fotosintesi, immagazzinano CO2 nelle foglie e nel legno. Salvo rilasciare la stessa CO2 nell'atmosfera quando bruciano. Per mitigare gli effetti del cambiamento climatico, è nostro interesse aumentare la quantità di CO2 che i boschi assorbono, e prolungare il periodo in cui l'anidride resta "sequestrata".

Per questo gli scienziati attirano l'attenzione sul tipo di alberi che piantiamo: ci sono piante-spugne ben più voraci di altre. Michael Keown, dirigente dello United States Forest Service, spiega che "già oggi le aree boschive degli Stati Uniti catturano il 15% di tutti i gas carbonici del paese, ma in futuro possono fare molto di più". La capacità di sequestrare CO2 nelle cosiddette foreste umide, che abbondano qui sulla West Coast, è "il triplo rispetto a zone dove la vegetazione è più secca".

La betulla impazzita è una risposta quasi patologica al cambiamento climatico. Ma per alcuni esperti offre un'indicazione utile: perché non puntare sulle piante più ingorde di CO2, e moltiplicare l'efficacia di ogni riforestazione?

La riscossa dei boschi diventa un business. Comunque vada il vertice di Copenaghen, il mondo si convertirà agli incentivi economici per chi riduce le emissioni. In un'economia di mercato questo apre nuove opportunità e scatena gli appetiti di grandi gruppi capitalistici. Che trovano negli investimenti verdi un duplice ritorno: il beneficio d'immagine e il profitto.
Così la Walt Disney ha appena destinato 7 milioni di dollari per interventi di riforestazione nella regione amazzonica del Brasile, in Congo, sulla costa settentrionale della California, e nella valle del Mississippi. La principale compagnia elettrica californiana, Pacific Gas and Electricity, ha firmato un contratto con la cittadina di Arcata per "mantenere" le sue foreste e sequestrarvi CO2 per i prossimi 100 anni.

Improvvisamente cominciano a spostarsi anche gli equilibri politici. Non tutto il mondo della grande industria rema contro Kyoto 2. Un test cruciale è l'iter parlamentare dell'Energy Bill al Congresso di Washington. Contro la legge ambientale voluta da Barack Obama si è scatenata la lobby delle industrie più inquinanti, rappresentate dalla U. S. Chamber of Commerce (una sorta di Confindustria).

Molti gruppi capitalisti però si sono dissociati da questa battaglia di retroguardia. Per la prima volta il fronte ambientalista - dal Sierra Club al Wwf - si vede spalleggiato da una potenza economica molto tradizionale: l'industria del legname che da sempre controlla vaste zone forestali degli Stati Uniti. Per lo scienziato dell'ambiente Brian Murray della Duke University, il sistema dei "crediti carbonici" nei prossimi anni può restituire ai boschi decine di milioni di ettari. "Questa riscossa delle foreste - dice Murray - sarebbe un'inversione di tendenza secolare, il più grande cambiamento nel paesaggio americano dalla metà dell'Ottocento".

LA MANO BIONICA E' DIVENTATA REALTA'


Funziona perfettamente la mano bionica a cinque dita indipendenti, impiantata in un uomo italo-brasiliano di 26 anni che dopo un incidente stradale aveva subìto un'amputazione fino a metà avambraccio. Realizzata dalla Scuola Sant'Anna di Pisa nell'ambito del progetto 'LifeHand', la mano biomeccanica controllata direttamente dal cervello, sarà presentata domani a Roma. Il risultato sarà pubblicato su una rivista scientifica internazionale.

IL VIDEO http://tv.repubblica.it/copertina/ricerca-italiana-ecco-la-mano-bionica/39727?video

L'intervento, eseguito il 20 novembre 2008 nel Campus Biomedico di Roma, è stato condotto da tre chirurghi, due anestesisti, tre neurologi e quattro bioingegneri. Dopo mesi e mesi di addestramento, gli elettrodi sono stati inseriti all'interno delle fibre nervose. Non ci sono state complicazioni e il paziente, che si era offerto volontario, è stato dimesso due giorni dopo l'intervento. Per arrivare dalla progettazione all'impianto sono stati necessari sei anni. I ricercatori prevedono di ripetere l'esperimento con altri pazienti per confermare l'efficacia del sistema. Il progetto è finanziato con fondi europei per circa due milioni in cinque anni.

La mano è direttamente controllata dal sistema nervoso del paziente grazie a quattro elettrodi realizzati dall'azienda tedesca Ibmt e impiantati nei nervi mediano (all'altezza del polso) e ulnare (avambraccio). In questo modo l'uomo non soltanto controlla il movimento, ma riceve stimoli sensoriali. I quattro elettrodi sono minuscoli filamenti flessibili e biocompatibili spessi 10 milionesimi di millimetro (nanometri) e lunghi 180 nanometri. Ognuno ha otto canali che permettono il passaggio dei segnali fra cervello e mano. Di conseguenza il dialogo cervello-mano avviene grazie a 32 canali.

La mano bionica pesa circa due chili, ha dita di alluminio, i meccanismi che permettono i movimenti sono in acciaio, mentre il palmo e la copertura sono in fibra di carbonio. Le dimensioni sono le stesse della mano umana. Oggi il paziente controlla i movimenti della mano con tre tipi diversi di presa. E' riuscito a chiudere il pugno, a serrare le dita come una pinza e a muovere il mignolo.